ero - In colonia (1963)

Se le suore non mi hanno tenuto molto all’asilo, lo hanno fatto molto meglio e con maggiore gioia mia nella colonia estiva a Rota. Queste sono suore diverse, meno attente alla disciplina, ma altrettanto vigili ed operose, sempre gaie e pronte a fare qualcosa per farci divertire. Le passeggiate classiche, cariche di attesa come spedizioni in terre misteriose, sono la strada per Selino, dove le sorelle urlano “in parteee!” ad ogni rumore di auto che si avvicina e che ci sorpassae, summa di tutti gli sforzi ed apoteosi del periodo di soggiorno, la passeggiata al laghetto che altro non è che una parte del torrente allargata da una piccola diga a valle della centrale di Locatello. I prati dove invece trascorriamo le mattine sono due: il Balze o il Roccolo. Il primo è una radura a balze che ci impegnano in sfide continue di salti. Il Roccolo è un’altra radura dove al centro sorge una capanna di cacciatori in legno. Quanti sogni all’ombra di quelle tavole verdi che avevano l’odore del legno scaldato dal sole misto alla vernice che ogni anno poi ritrovavamo fresca con goccie di scolo del pennello ancora gonfie come vesciche. Le schiacciavamo per vedere uscire ancora la vernice e sporcarci le manine o intingere bastoncini appuntiti contro i sassi per poi disegnare figure rupestri di noi piccoli cavernicoli.

La suora che preparave le ostie usava una attezzo che si scaldava con l’elettricità. Prendeva da una ciotola cucchiaiate di una sostanza bianca e densa e scolava il cucchiaio producendo dei fili esili e continui. Poi chiudeva la macchina fatta di due parti calde come due ferri da stiro e schiacciava l’impasto che usciva dai lati sfrigolando. Un attimo e riapriva mostrando una cialda sottilissima che odorava di pane. La prendeva con due dita agili e la sovrapponeva alle altre e ricominciava. Quando si formava un mucchietto di quei tondi bianchi e croccanti, mi dava il via per il lavoro che mi attendeva. C’erano diversi cerchi stampati dalla macchina, uno era al centro ed era il doppio più grande di quelli che gli stavano attorno. Dovevo separarli tutti seguendo il fustello, senza romperne nessuna. Le ostie si separavano con un rumorino di materia friabile. Se avevo le dita umide diventavano subito viscide e si attaccavano ai polpastrelli. Badavo a non romperle ed a depositarle un una bacinella che veniva poi trattata con molta cura.

Commenti

Post più popolari